L’economia, soprattutto italiana, ormai da anni sembra immersa in una situazione di crisi che, ovviamente, coinvolge anche il settore del turismo e le agenzie viaggi.

Particolarmente interessante a tal proposito la recente indagine svolta dall’ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche http://www.isnart.it/ ) che ha chiesto ad un panel di esperti del settore turismo quali potrebbero essere i migliori interventi per agevolare gli operatori e le agenzie viaggi.

Questo il risultato: vedi http://www.impresaturismo.it/questo-numero/86-novembre-2015/488-uscire-dalla-crisi-subito-taglio-tasse-e-costo-del-lavoro.html

Ciò che emerge è il peso che le imposte e le tasse hanno nell’attività svolta dalle agenzie viaggi e dagli operatori del turismo: più della metà degli intervistati suggerisce un abbattimento del costo del lavoro e degli oneri sociali, mentre il 43,3 % chiede una riduzione delle aliquote delle imposte.

Sembra avere un minor peso la questione “finanziaria”, cioè la disponibilità di denaro per effettuare investimenti o saldare i debiti: solo il 13,4% richiede maggiori garanzie da parte delle banche e un esiguo 5,1% chiede di rinviare le date di pagamento dell’IVA.

E’ chiaro come il versamento di imposte e tasse viene visto come un costo “senza benefici”.

In particolare, anche per esperienza diretta vissuta osservando chi opera nel turismo, ciò che più grava sull’economia delle agenzie viaggi o degli operatori è il peso dei contributi e degli oneri sociali (in altri termini: Inps ed Enasarco): sia i contributi “personali” degli imprenditori, versati appunto come obbligo per la propria posizione previdenziale, dove i contributi fissi da versare all’Inps costituiscono un importo spesso troppo elevato e non giustificato da alcun ritorno tangibile nel breve-medio termine, sia quelli da versare per il proprio personale dipendente o per i collaboratori od agenti di commercio.

Bisogna ammettere che di forte impatto è stata l’introduzione dei recenti sgravi contributivi approvati dall’ultimo governo (a fronte di assunzioni a tempo indeterminato viene garantito lo sgravio dal versamento dei contributi per due anni) ma i vari paletti inseriti (i lavoratori non devono aver avuto un precedente impiego a tempo indeterminato) spesso limitano la portata di tale incentivo, ponendo le imprese di fronte al sostenimento di costi per oneri sociali spesso sproporzionati rispetto agli effettivi margini di settore.

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