Con due distinte risoluzioni pubblicate nel corso del mese di febbraio, l’Agenzia delle entrate interviene per chiarire l’applicazione concreta a due casi del credito d’imposta per ricerca e sviluppo.

Il credito d’imposta

L’articolo 3, D.L. 145/2013, modificato dall’articolo 1, comma 35, L. 190/2014 riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello incorso al 31 dicembre 2019”, un credito di imposta per investimenti in misura pari al 25% “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”.

Il credito di imposta spetta fino a un importo massimo annuale di 5 milioni di euro per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 30.000 euro.

Le disposizioni attuative sono state introdotte con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo sconomico, del 27 maggio 2015, il quale di occupa in particolare di individuare gli investimenti agevolabili, definendo gli ambiti di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale richiamati dalla norma.

Le tipologie di spesa agevolabili sono quattro e, nello specifico, quelle relative a:

  1. personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto a un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico;
  2. quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e, comunque, con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’Iva;
  3. spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative;
  4. competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

Per le spese relative al personale altamente qualificato (lettera a) e per quelle relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros (lettera c), il credito di imposta spetta nella misura del 50% delle medesime.

 

Modifiche dal 2017

Si ricorda che l’articolo 1, comma 15, L. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017), ha introdotto, con effetto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 le seguenti modifiche:

  • il periodo di vigenza del regime agevolativo è prorogato di un anno, in quanto il credito è riconosciuto per gli investimenti effettuati “dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”;
  • tale credito è attribuito nella misura unitaria del 50% delle spese ammissibili, indipendentemente dalla tipologia di appartenenza delle stesse;
  • l’importo massimo annuale del credito riconosciuto per ciascun beneficiario è elevato da 5 a 20 milioni di euro.

 

I chiarimenti della risoluzione n. 19/E/2017

Il primo documento da segnalare è la risoluzione n. 19/E/2017, nel quale l’Agenzia delle entrate ha fornito i seguenti chiarimenti:

  • in tema di brevetti, possono essere ammessi al credito d’imposta per ricerca e sviluppo i brevetti per invenzione e i brevetti per modelli di utilità, posto che essi siano funzionali e connessi al progetto di ricerca e sviluppo, tuttora in corso di svolgimento, per il quale la società intende fruire del credito d’imposta; al contrario non possano essere ammessi i marchi d’impresa e i disegni;
  • sono ammissibili i costi sostenuti per l’acquisizione di privative da soggetti terzi, anche da un fallimento di altra società;
  • in tema di corretta valorizzazione delle singole “privative industriali” comprese in un lotto per il quale viene pagato un prezzo complessivo, non è possibile applicare un’imputazione forfettaria, ma occorre valorizzare il singolo bene immateriale individuando un ragionevole criterio di ripartizione, facendo ad esempio riferimento al loro valore normale;
  • l’Agenzia delle entrate esclude che sia possibile includere nel calcolo della media di riferimento delle annualità precedenti, i costi sostenuti dalla società fallita, dalla quale i beni immateriali sono stati acquistati.

 

I chiarimenti della risoluzione n. 21/E/2017

Il secondo documento da segnalare è la risoluzione n. 21/E/2017. In tale documento vengono forniti chiarimenti riguardanti uno specifico investimento, ma comunque vi sono alcuni chiarimenti generalizzabili:

  • il personale interno tecnico impiegato in attività di R&S, va collocato tra i costi di cui all’articolo 3, comma 6, lettera d), mentre i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono rientrare nella categoria di costi ammissibili ai sensi della lettera c) del comma 6, relativa alla c.d. ricerca “extra-muros”, alle condizioni previste dalla norma;
  • per quanto riguarda il costo dei prototipi realizzati da terzi, ove il rapporto con i soggetti terzi sia stato improntato ad attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla realizzazione di componenti nuovi, i costi dovranno essere considerati riconducibili alla categoria di cui alla lettera c), comma 6 dell’articolo 3, D.L. 145/2013 e agevolabili al 50%”;
  • è consentito il cumulo del credito di imposta con altri contributi pubblici o agevolazioni e l’importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai costi sostenuti;
  • nel caso di investimento che copra più annualità, sia nella determinazione dell’ammontare degli investimenti eleggibili nel periodo di imposta in cui il contribuente intende beneficiare dell’agevolazione, sia nel calcolo della media, è necessario considerare tutti i costi riferibili alle quattro categorie di spese agevolabili, a prescindere, nel caso in cui la società effettui più progetti di ricerca e sviluppo, dallo specifico progetto per cui gli stessi sono stati sostenuti. Ai fini della valorizzazione di ciascuna categoria di spesa occorre assumere, quale costo rilevante, il costo di competenza del periodo di imposta per il quale si intende beneficiare dell’agevolazione, al lordo della parte di contributo ricevuto con riferimento al medesimo costo;
  • per quanto concerne la corretta imputazione temporale degli investimenti, i relativi costi devono considerarsi sostenuti alla data di ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data di accettazione degli stessi da parte del committente;
  • ai fini della documentazione a supporto da conservare, con riferimento agli investimenti relativi ai singoli prototipi realizzati mediante prestazioni di soggetti terzi, in mancanza dei contratti stipulati con detti soggetti, i relativi costi dovranno essere adeguatamente supportati da altri documenti, quali proposte e/o ordini di acquisto e relative fatture. Inoltre, il contribuente, al fine di dimostrare la componente relativa all’attività di ricerca e sviluppo di dette prestazioni, è tenuto ad acquisire anche una relazione sottoscritta dai soggetti terzi commissionari concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce e, comunque, dovrà fornire, in sede di controllo, ogni altro elemento informativo che dimostri l’esistenza di accordi tra le parti volti a realizzare un progetto di ricerca e i relativi corrispettivi.

 

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

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