Con una recente sentenza, la Cassazione rende più agevole l’utilizzo del Tfm (trattamento di fine mandato) per la remunerazione dell’amministratore: nella sentenza n. 24848 del 6 novembre 2020 viene infatti stabilito che l’importo accantonato non deve essere necessariamente proporzionato al compenso annuo previsto per l’amministratore.

Ovviamente, come per il compenso periodico, esso deve essere determinato facendo riferimento a parametri di ragionevolezza.

La quantificazione del TFM

Il trattamento di fine mandato (o più brevemente Tfm) è una forma di remunerazione aggiuntiva rispetto al compenso ordinariamente erogato agli amministratori; tale ulteriore remunerazione verrà erogata al momento in cui l’amministratore cesserà il proprio mandato.

Malgrado vi assomigli sotto il profilo logico, il Tfm differisce significativamente dal Tfr: mentre l’erogazione differita a favore dei dipendenti è puntualmente regolamentata dal codice civile nell’articolo 2120, quella a favore dell’amministratore viene regolata dalla volontà delle parti (società e amministratore stesso) senza che vi sia una norma a stabilirne l’importo.

Attraverso la sentenza n. 24848 del 6 novembre scorso, la Cassazione si è occupata della deducibilità delle quote di accantonamento al trattamento di fine mandato degli amministratori, confermando che non esiste una norma che obblighi le società a dedurre le predette quote nelle forme e nei limiti previsti per i lavoratori dipendenti. Pare quindi accantonata la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate secondo cui sarebbe preclusa la deducibilità delle quote di accantonamento al Tfm per importi superiori al compenso annuo degli amministratori diviso per 13,5; secondo il pensiero dell’Amministrazione finanziaria, il Tfm si sarebbe potuto dedure nel limite previsto dall’articolo 2120, cod. civ. per il Tfr spettante ai lavoratori dipendenti.

Ciò posto, malgrado come detto non vi siano limitazioni specifiche, è opportuno che l’ammontare del Tfm sia determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa mediante delibera assembleare dei soci.

In altre parole, se da un lato va respinta la tesi che limita l’importo del Tfm deducibile alle regole poste per la determinazione del Tfr, allo stesso tempo stabilire un Tfm non ragionevole, non tanto in rapporto al compenso pattuito per l’amministratore ma piuttosto con riferimento alle dimensioni della società, non è certo consigliabile. D’altro canto, non sono rare le contestazioni che riguardano anche l’ammontare di un compenso ordinario accordato all’amministratore, quando questo fosse esorbitante i parametri di buonsenso.

Le regole per il trattamento del Tfm

Sotto il profilo della tassazione, occorre tenere in considerazione che:

  • in capo all’amministratore, l’indennità di fine mandato (come il compenso periodico) costituisce reddito assimilato al lavoro dipendente con conseguente tassazione in base al criterio di cassa, e quindi solamente al momento dell’effettiva percezione; tale compenso differito può beneficiare (solitamente tale soluzione è più conveniente) della possibilità, in alternativa alla tassazione ordinaria, di applicare la tassazione sostitutiva in base all’articolo 17, comma 1, lettera c), Tuir nel momento in cui esso sia previsto da atto con data certa antecedente l’inizio del rapporto (ad esempio delibera inviata via pec).

  • in capo alla società, per la deducibilità ai fini Ires degli accantonamenti per la quota di Tfm di competenza di ciascun esercizio, trova applicazione l’articolo 105, comma 4, Tuir, che consente la deduzione degli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettera c), Tuir (tra le quali vi è, appunto, il Tfm).

Nella risoluzione n. 124/E/2017 l’Agenzia ribadisce una posizione già espressa nel passato (si tratta della risoluzione n. 211/E/2008), secondo cui anche per ammettere la deducibilità del componente per competenza vi è la necessità che esso risulti da un atto con data certa antecedente l’inizio del rapporto; tale posizione è stata più volte confermata anche dalla Cassazione.

In caso contrario, non sarà possibile dedurre l’accantonamento per competenza, ma la deduzione del relativo costo avverrà nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità medesima.

Tassazione in capo all’amministratore

Deduzione in capo alla società

CON atto con data certa antecedente l’inizio del rapporto

Per cassa al momento della percezione, con applicazione della tassazione separata

Deduzione dell’accantonamento per competenza

SENZA atto con data certa antecedente l’inizio del rapporto

Per cassa al momento della percezione, con applicazione della tassazione ordinaria

Deduzione per cassa al momento dell’effettiva erogazione

Sul punto va segnalato che non è sufficiente assumere una delibera generica a cui attribuire data certa, stabilendo poi successivamente il Tfm in base alle necessità; la Cassazione, nell’ordinanza n. 26431/2018, impone che nell’atto con data certa venga determinato e quantificato il Tfm riconosciuto all’amministratore, pena l’indeducibilità dell’accantonamento.

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

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