finanziamenti8 La Legge di Stabilità per il 2014 ripropone la possibilità di rivalutare i beni e le partecipazioni detenuti in regime di impresa con i seguenti benefici:

  • miglioramento del rating bancario del soggetto, con applicazione di costi bancari più favorevoli;
  • incremento della possibilità di ottenere nuovi finanziamenti, se il soggetto presente un flusso di liquidità adeguato;
  • miglioramento degli indici di bilancio;
  • possibilità di assorbire eventuali prelevamenti in eccesso dei soci nelle società di persone. 

 

Rivalutazione civilistica e fiscale

L’incremento del valore dei beni relativi all’impresa determina un evidente impatto positivo sui bilanci, anche ai fini di migliorare il rating con gli istituti di credito; infatti, la stessa si realizza con l’iscrizione di un saldo attivo da rivalutazione tra le riserve del patrimonio netto.

La considerazione di cui sopra sarà tanto più utile ove venisse confermato, come appare sensato credere, che la rivalutazione possa avere valenza anche solo civilistica e non solo fiscale.

La differenza di fondo sta nel fatto che, nel primo caso, l’operazione è completamente gratuita (una semplice scrittura in partita doppia), mentre, nel secondo caso, comporta il pagamento di una imposta sostitutiva.

La rivalutazione anche fiscale, però, darà la possibilità di vedersi riconosciuto il maggior valore (ai fini degli ammortamenti, delle spese di manutenzione, ecc.) a decorrere dal 2016; per poter ridurre o azzerare la plusvalenza in caso di cessione, invece, bisognerà attendere il 2017.

 

Quando si fa la rivalutazione

La rivalutazione potrà essere effettuata nel bilancio al 31.12.13 (per i beni ivi presenti), a condizione che gli stessi beni fossero già iscritti nel bilancio al 31.12.12.

Per i beni riscattati da leasing nel corso del 2013 la rivalutazione non è quindi possibile; la stessa, invece, è ammessa per quelli riscattati nel 2012, se ancora presenti nel bilancio 2013.

 

Il presupposto della rivalutazione

Condizione essenziale per poter operare la rivalutazione è che il bene abbia un valore corrente superiore a quello risultante dalle scritture contabili; non è richiesta una perizia ufficiale, anche se la medesima è fortemente consigliata, specialmente per le società di capitali munite di organo di controllo.

Rivalutazione per categorie omogenee

Chi decide di rivalutare deve farlo per tutti i beni che appartengono alla medesima categoria omogenea, ovviamente a condizione che il valore contabile non sia già allineato con quello corrente, per ciascuno di essi.

Le categorie omogenee vanno individuate con criteri differenti a seconda della tipologia di bene da rivalutare:

 

Tipologia di bene

Categorie omogenee

Beni materiali mobili, non registrati Rappresentano categoria omogenea i beni acquisiti nel medesimo anno ed assoggettati alla stessa percentuale di ammortamento
Beni materiali mobili, registrati Sono suddivisi in 3 categorie omogenee:

1)     veicoli

2)     aeromobili

3)     navi

Va rammentato che è possibile escludere dalla rivalutazione i veicoli a deducibilità limitata, di cui all’ar.164 Tuir

Beni immobili Sono suddivisi in 5 categorie omogenee:

4)     aree edificabili

5)     aree non edificabili

6)     immobili strumentali per natura

7)     immobili strumentali per destinazione

8)     immobili patrimonio

Beni immateriali Non hanno una categoria omogenea.

Trattasi di diritti di concessione, marchi e brevetti

Partecipazioni La categoria omogenea è da ricercare in ragione della società emittente

 

È molto importante osservare l’obbligo di estendere la rivalutazione a tutti i beni (rivalutabili) appartenenti alla stessa categoria omogenea (ove esistente); in difetto, infatti, si rischia di dover corrispondere la imposta sostitutiva anche su quelli non considerati, pur senza ottenere l’effetto benefico ai fini fiscali.

 

Criteri, metodi e limiti di rivalutazione

Per operare correttamente la rivalutazione, è importante richiamare due concetti che, talvolta, si rischia di confondere:

  • criterio di rivalutazione: rappresenta il limite non superabile oltre il quale non può spingersi la rivalutazione. Il criterio deve essere uguale per le rivalutazioni dei beni appartenenti alla medesima categoria omogenea. In particolare, esistono due criteri differenti:

–     criterio del valore corrente, con un occhio rivolto al mercato;

–     criterio del valore interno, o valore d’uso, con un occhio rivolto alla utilità che il bene può dare, in quanto inserito nell’economia dell’impresa che lo possiede.

  • metodo di rivalutazione: rappresenta la tecnica contabile di rettifica dei valori che si è scelto di utilizzare. Usualmente, sono ammissibili le seguenti tre scelte:

–     rivalutazione del costo storico e del fondo di ammortamento. Con tale tecnica si mantiene inalterata la durata del periodo di ammortamento;

–     rivalutazione del solo costo storico. Si determina un allungamento del periodo di ammortamento, ove venga mantenuta la stessa percentuale di ammortamento;

–     decremento del fondo di ammortamento. È la tecnica preferita dai principi contabili, che consente di dedurre nuovamente quote di ammortamento già stanziate negli anni pregressi.

I concetti di cui sopra sono molto importanti, in quanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, il bene non può essere iscritto nell’attivo patrimoniale ad un valore superiore a quello di sostituzione, senza considerare l’importo (in sottrazione) del fondo di ammortamento.

Esempio  

Si consideri il seguente esempio:

  • situazione ante rivalutazione: costo 100, fondo ammortamento 60, netto contabile 40
  • valore rivalutato: 300
  • saldo attivo da rivalutazione: 300 (valore rivalutato) – 40 (netto contabile) = 260
  • costo di sostituzione del bene: 330.

Volendo iscrivere il maggior valore, incrementando unicamente il costo storico, si raggiungerebbe un valore dell’attivo di 360 (100 + 260), rettificato da un fondo di ammortamento (inalterato) di 60.

Con tale tecnica, tuttavia, pur a fronte di un valore rivalutato compatibile (360 – 60 = 300), si viola il divieto di iscrivere nell’attivo un valore superiore a quello di sostituzione (360 > 330).

Pertanto, si dovrà agire congiuntamente sia sul costo che sul fondo ammortamento come segue:

  • saldo attivo rivalutazione: 260 (inalterato), di cui 230 iscritti nell’attivo e 30 come decremento del fondo
  • valore dell’attivo: 330 (100 + 230)
  • fondo ammortamento: 30 (60 – 30)
  • valore del bene rivalutato: 300 (330 di storico – 30 di fondo).

 

Il costo della rivalutazione fiscale

Chi intende dare rilevanza fiscale alla rivalutazione, dovrà pagare una imposta sostitutiva:

  • del 16%, per i beni ammortizzabili (ad esempio, fabbricati, macchinari, ecc.);
  • del 12%, per i beni non ammortizzabili (ad esempio, terreni).

Nell’esempio di cui sopra, la rivalutazione costerebbe il 16% del saldo attivo, quindi 41,60 (260 x 16%).

L’imposta sostitutiva non grava sul conto economico dell’impresa, in quanto viene imputata (in diminuzione) del saldo attivo.

L’imposta può essere versata in una unica soluzione, oppure in tre rate annuali di pari importo, scadenti alle medesime date fissate per il pagamento delle imposte, senza maggiorazione di interessi.

Va poi ricordato che il saldo attivo da rivalutazione, ove si sia deciso di dare valenza fiscale alla operazione, è una riserva in sospensione di imposta “moderata”.

Ciò significa che, in caso di attribuzione ai soci (e non per utilizzo a copertura perdite o imputazione a capitale), la stessa riserva deve essere tassata in capo alla società.

Pertanto:

  • per le società di capitali, si dovrà effettuare una variazione in aumento nella dichiarazione dell’ente, ferma restando la tassazione come dividendo in capo ai soci (si ricorda, che in caso di rivalutazione non opera il divieto di distribuzione di somme ai soci sino alla effettiva realizzazione del maggior valore);
  • per le società di persone, si dovrà effettuare una variazione in aumento nella dichiarazione dell’ente, che automaticamente si traduce in un maggior reddito per trasparenza imputato ai soci.

Per liberare il saldo attivo dalla sospensione di imposta, è consentito pagare una imposta sostitutiva del 10% (aggiuntiva rispetto alle precedenti).

Pertanto, ipotizzando una società di capitali che interviene su un bene ammortizzabile, il costo complessivo della rivalutazione (in ipotesi di liberazione della riserva) ammonterebbe al 26% del saldo attivo (16% di sostitutiva + 10% di affrancamento), contro un valore “ordinario” di imposizione del 31,40% (27,5% di Ires + 3,90% di Irap). La convenienza economica pura, dunque, dipende dalla velocità di recupero del costo tramite gli ammortamenti e dalla eventuale previsione di vendita del bene (a valori maggiori rispetto a quelli residui contabili), sia pure a decorrere dal 2017.

Certi che avrete compreso la delicatezza della tematica, lo Studio rimane a disposizione per fornire ogni chiarimento necessario e, soprattutto, per effettuare adeguate simulazioni per il costo e la convenienza della operazioni.

 

 

Lo Studio rimane a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.

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